I LOVE DICK
Ho provato a scrivere così tanti incipit per questo testo che ho perso tra le parole quello che volevo dire. Ma cosa dovrei dire per introdurre I love Dick? La verità è che non sono certa dei miei sentimenti nei confronti di questo manoscritto, così coraggioso nello stile e nei contenuti, suscita in me emozioni contrastanti: rabbia, repulsione, umiliazione e poi ancora compassione, tenerezza&affinità.
Chris Kraus, autrice di questo esperimento letterario, scrive una serie di lettere a Dick, epistole utopiche che racchiudono desideri celati, relegati nelle zone oscure del suo Io.
I love Dick viene pubblicato nel 1997 con scarso successo dalla casa editrice Semiotext(e), fondata da suo marito, Sylvère Lotringer. Vent’anni dopo viene riscoperto con la ristampa del 2015, la nuova veste grafica (vincitrice del premio di miglior copertina di un libro per il pubblico femminile agli annuali Academy of Book Cover Designers Awards) e probabilmente un pubblico più sensibile fanno sì che il libro riscuota un successo virale.
Alla fine degli anni Novanta non eravamo ancora pronti ad accettare tali verità, non lo erano gli uomini, ma ancor di più non lo eravamo noi Donne impegnate a conquistare l’emancipazione senza poter ammettere di avere delle debolezze, perlopiù congenite.
Tutt’oggi la differenza tra i sessi è forte, anche la diffidenza reciproca si fa sentire nelle notti di luna piena quando gli istinti predominano sulla ragione. Eppure un qualche ingranaggio in questo ultimo ventennio è scattato, iniziamo a svelare una natura umana, terrena anche noi Artemide del nuovo millennio. Sempre pronte a difendere il nostro dono della caccia, riveliamo un sottile strato dolce e inadeguato, un asilo di piccole parti di noi stesse popolato da bambine che giocano a svelare verità scomode. Sono sempre più le Donne che si impegnano in questa campagna personale, coinvolgendoci tutte in una visione più ampia delle cose, rassicurandoci, ci spiegano che siamo inseguite dalle stesse paure.
I love Dick è stato per me una epifania di riflessioni.
Mi sforzo sempre di prendere una certa distanza dagli estremismi, dall’esaltazione e supremazia di un pensiero rispetto ad un altro. Quello che abbraccio sono l’equità, non solo quella di genere, e la riflessione che ognuno di noi dovrebbe fare sul concetto di Persona. Mi piacerebbe trasferire questo concetto anche per I Love Dick, vivere il libro come uno strumento personale, intimo e segreto attraverso il quale ogni Donna possa ritrovare quella parte di sé di cui più ha soggezione.
È proprio questo che la Kraus ci racconta, dei suoi costanti fallimenti e non solo nella vita e nel lavoro ma in articolar modo del rifiuto di un uomo, Dick, che la ignora, ripudiando pertanto il suo amore, la sua arte, la sua voce interiore. Chris sventra i canoni della relazione uomo-donna, e perché no, della relazione canonica: sceglie di scrivere lettere d’amore alle quali non riceverà mai una risposta diretta.
La trama del libro semi-autobiografico racconta della nostra protagonista Chris, una filmmaker di 39 anni, che produce film sperimentali di scarso successo tanto da dover dipendere economicamente da suo marito Sylvère.
La coppia ormai da anni non ha più rapporti sessuali ma ha mantenuto una complicità che li porta a dirsi tutto e a sostenersi.
Così quando a una cena Chris si accorge che Dick flirta con lei, non esita a raccontarlo al marito che la sprona a scrivere una lettera di confessione all’uomo dando inizio così a un gioco sensuale tra i coniugi che usano il loro amico per risvegliare quel desiderio ormai assopito.
Si incendia una fantasia che coinvolge il triangolo amoroso ma a senso unico:
Chris e Sylvère riversano le loro passioni su Dick che non risponderà alle provocazioni poiché troppo legato a un senso di integrità che lo spinge ad allontanarsi dalla società per vivere in solitaria nella sua proprietà.
Marito e moglie danno inizio a una lunga serie di carteggi d’amore indirizzati a Dick finché Chris non reggerà più la tensione e si allontanerà da Sylvère dandosi la possibilità di Vivere.
Nessuno mi può giudicare
Se il comportamento di Chris sia da considerarsi stalking, come in molti hanno decretato, non è di mio interesse, non lo è nemmeno mettermi dalla parte di Dick o di Sylvère, per quanto possa essere interessante uno sguardo da altri punti di vista.
Quello che desidero è trascrivere quanto le scelte della Kraus, scrittrice del&nel libro, siano un coraggioso ed empatico fondamento per le Donne dei giorni d’oggi.
Chris appare nel libro come una saccente intellettuale artistoide che negli anni ha creato sapientemente la sua corazza per sopravvivere in un mondo (quello dell’arte) in cui le Donne sono ancora usate come accompagnatrici e muse ispiratrici (Camille Claudel ne sapeva qualcosa). Dietro all’armatura di Donna colta, cinica e dalla risposta pronta, nel corso del libro riusciamo a intravedere una Chris nella sua natura intima, unica ed errante.
La prima parte del libro è noiosa, lunga, mediocre nei contenuti e zoppicante, una struttura che rispecchia l’esistenza dell’uomo con le delusioni, i sogni irrealizzabili e la lenta presa di coscienza di non essere all’altezza delle aspettative.
Il linguaggio crudo e qualche virgola di volgarità riportano alla realtà scomoda della vita, quel lato che sogniamo di allontanare&cancellare ma che ci rincorre a pieni polmoni. Sotto la fitta trama delle citazioni altezzose, dietro le lettere che ritroviamo nella seconda parte del libro (testi di critica artistica di una sensibilità rara), conosciamo una Chris che insegue l’amore e la passione, una Donna che si è lasciata intrappolare nella rete dell’opportunismo, dei palliativi e del vuoto: cultura&solitudine, per dirlo con i binomi che tanto piacciono alla nostra protagonista (e che usa come nota di stile nel suo romanzo).
A qualcosa dobbiamo pur rinunciare no? Una Emily Dickinson contemporanea la nostra Kraus, non più chiusa in una stanza di mattoni ma sociale, costretta a nuotare nelle utopie per mancanza di coraggio, strappato via da chissà quale fallimento adolescenziale. La sua via d’uscita è la mitizzazione&mistificazione di un Uomo, di un Sentimento, un arrancare per concedersi l’ennesima ultima possibilità di partorire un daimon nascosto chissà dove.
Un romanzo “Donna” ci racconta le sfaccettature, le speranze, le disillusioni, i fallimenti, i castelli erranti, l’età e la sincerità di fronte all’esistenza: la vita che rinnega ciò che ti offre e dona ciò che rinneghi.
Una finestrella, I love Dick, aperta sul come si cerchi per una vita intera di realizzare qualcosa che non ci appartiene nonostante il cosmo chieda di rinunciarvi. Uno schiaffo su come la società ci impone di non mollare facendoci camminare in un prato di chiodi.
Noi Donne che non dobbiamo mai ammettere di avere limiti. Noi Donne che dobbiamo sempre dimostrare di saper cadere in piedi come gatti dalle infinite vite. Poi un giorno, un incontro fortuito, come lo definisce Chris, ci apre la mente e la via per il nostro risveglio, per accogliere il nostro daimon.
Che ne sarà di noi
Ho scelto di leggere I love Dick nel modo più criticato di sempre: dalla copertina. In realtà speravo fosse un contemporaneo romanzo alla Anais Nin, una perversa storia sull’amore del pene, una critica alla sessualità del ventunesimo secolo, alle superficialità volgari che ci inseguono e con le quali dobbiamo convivere.
Mi sono ritrovata spiazzata ed entusiasta di fronte a uno scritto molto più profondo. Ha modellato la mia rabbia, l’ha incanalata verso un qualcosa di più intimo e segreto. Cercavo nella letteratura quello che avevo ritrovato in Girls ad esempio (serie televisiva del 2012), ma ho compreso che le radici di questa inadeguatezza sociale sono da ricercarsi più in là, nelle generazioni degli anni 60/80 quando è stato aperto il vaso di Pandora del menefreghismo portandoci oggi a raccogliere briciole di quella raffinatezza che possiamo ritrovare nei lavori della Nin.
I love Dick mi ha folgorata, disorientata e infine rassicurata.
Un lungo articolo sul New Yorker ne approfondisce le tematiche. Sono incerta se soffermarmi sulla bibliografia della Kraus, i suoi successivi romanzi Aliens & Anorexia e Torpor mi chiamano come un ululato in una notte di luna piena e non capisco ancora se è un invito di cui aver paura.
È stata prodotta anche una serie tv omonima, I love Dick che ho guardato tutto d’un fiato. Rivisto in molti passaggi per renderlo accattivante e cinematografico, il romanzo è sostanzialmente lento e noioso, bensì il cast l’ho trovato coerente e confacente ai nostri protagonisti.
Tirando le somme mi viene da pensare a una sola cosa, a prescindere dai commenti tecnici e stilistici, che continuo a sostenere non siano il punto focale del lavoro di Chris: la protagonista/autrice infine è riuscita a ottenere quello per cui ha lottato una vita intera, produrre il suo film. Non lo ha fatto nel modo in cui se lo prospettava, ma la vita lo sappiamo, fa giri assurdi prima di farti arrivare al dunque.
Questo è un messaggio forte che il suo lavoro ha donato a tutti noi, una Matrioska di significati, una scatola cinese di possibilità. Quando arrivi all’ultima unità ti guardi indietro e ti rendi conto di aver creato una storia, la tua storia e Chris Kraus, senza rendersene conto, l’ha mostrata a noi.
Tutte le immagini senza didascalia sono tratte dalla serie I Love Dick