IL SALOTTINO

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Le interviste

Quattro chiacchiere in libertà: retroscena nei mondi delle arti

• quello che ora sapete che avreste voluto sapere •

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FRANCESCA & LUCA

SPLIT SCREEN, l’intervista doppia a Francesca & Luca

SPLIT SCREEN

La nuova rubrica e intervista by LDC

Esperimento e raccolta dati di una tesi. Siamo concordi nel dire che per alcune professioni i legami sentimentali, a prescindere dalle compatibilità caratteriali, siano altamente influenzati dal comprendersi nella sfera lavorativa. 

Allora, in occasione del mese di febbraio e la festa dei cioccolatini, abbiamo voluto fare un’indagine: abbiamo chiesto a coppie creative come vivono la loro dimensione all’interno della loro quotidianità. Se lavorare insieme sia un plus o se sia l’avere mentalità e professioni affini la carta vincente. E le loro considerazioni anche sulle difficoltà. 

In un mondo sempre più cinico o sempre più strumentale, parliamo di amore, nella sua realtà e semplicità

In questa rubrica nelle prossime edizioni parleremo anche di coppie creative composte da amici (come noi!) e coppie creative di famiglia, fratelli e sorelle.

FRANCESCA & LUCA

Ospiti di questo Aprile una coppia di creativi lato visual: Francesca Pavoni, direttrice della fotografia e Luca Attilio Caizzi, fotografo e direttore creativo.

Ci hanno parlato del processo di creazione del bello, delle immagini che sanno raccontare e dei i loro due mondi che se convergono, è però in uno spazio ad hoc, dove possono esprimersi liberamente, senza confini, no committenti e solo ispirazione. Reciproca.

La luce, quella naturale, è ciò che li unisce anche nelle loro ben distinte carriere. Una condivisione di gusto, principi e di rispetto.


QUI SOTTO LE STESSE DOMANDE CON LE LORO DIVERSE RISPOSTE.

Francesca Pavoni (FP)

Luca Attilio Caizzi (LAC)

1. Come descriveresti il tuo lavoro?

FP
Io sono una direttrice della fotografia che è una figura che sta a metà fra il creativo e il tecnico: trascrivo in immagini quello che il/la regist* vuole raccontare. Quindi cerco e studio la combinazione perfetta fra camera/lenti/movimenti di macchina/luci per meglio raccontare una storia. È una figura fondamentale nella produzione video ma sempre complessa da spiegare a chi non conosce il settore, quindi di solito mi trovo a rispondere “faccio video”.

LAC
La definizione della mia posizione lavorativa è costantemente in una fase di aggiornamento. Ad un certo punto della mia carriera ho dovuto approcciare a questa pratica, a questa ricerca, cercando di trovare la soluzione più semplice per spiegare il tutto a mia madre. Sono un fotografo e Direttore editoriale e creativo. Lavoro nel mercato dell’immagine e per questo credo di svolgere un lavoro autoriale che si pone l’ambizione di migliorare nel bello l’immagine delle persone e delle cose.

2. Come descriveresti il suo lavoro?

FP
Luca è un fotografo che principalmente lavora nell’ambito dell’architettura e del design. Ha fondato un magazine fotografico che si chiama C41 Magazine, di cui è direttore creativo. Ha aperto una creative production company che si chiama C41, di cui è sempre direttore creativo. E infine è il direttore di una galleria d’arte che si chiama C41 Gallery.

LAC
Francesca è una direttrice della fotografia, ed è quello che ha sempre desiderato diventare dacché ci siamo incontrati all’università più di 11 anni fa. Si è approcciata in maniera indipendente-freelance a questo mercato, unica maniera sostenibile all’epoca, rendendo chiaro anche a me la sua posizione lavorativa che sopratutto in Italia si confonde con diverse altre figure professionali nell’ambito dell’audio visivo: il video.

3. E come pensi che descriverebbe il tuo lavoro?

FP
Ormai dopo 11 anni assieme Luca sa bene quale sia il mio lavoro, mi ha vista iniziare e crescere in quella professione. Quindi penso che direbbe più o meno le stesse cose che ho detto io, magari un po’ più semplificate.

LAC
Il nostro continuo confronto su creatività e strategia da molto tempo, mi fa pensare che avrà usato “Fotografo” come prima definizione e poi tutta la spataffiata di cariche e definizioni che vesto sui progetti altri che seguo.

4. Lavorare insieme. In che modo il lavoro dell’altro ti influenza?

FP
Non direi che mi influenza il lavoro di Luca, ma sicuramente mi ispira. Lui ha un modo di vedere le cose molto simile ma al contempo diverso dal mio: sono le cose più semplici ad intrigarlo e in realtà anche a me, ma lui riesce a vedere molto più di me. E questa cosa mi affascina molto. Quindi spesso osservo lui che osserva il mondo e inevitabilmente questo viene riportato anche nel mio lavoro visto che il mio stile è molto legato alla realtà e alla veridicità.

LAC
Io e Francesca abbiamo condiviso sempre una visione di massima comune. Ci affascina la luce, meglio se quella naturale. Assunto questo approccio semplice alla vita, che ha fatto dipendere anche scelte molto personali rispetto agli spazi di vita condivisi, per me lei è una continua ispirazione. Il mercato ci ha portato su due binari distanti ma paralleli. Lei applica tutto alla moda, io al design ed all’architettura. Quello che seguo del suo metodo e da cui mi lascio influenzare volentieri è la sua dote di critica nei confronti di quello che è giusto fare, nei confronti dei no da dispensare. Sono un entusiasta di natura ed il mio bicchiere è sempre stato mezzo pieno. Questo, lo ammetto, è da sempre il mio valore aggiunto, ma spesso il mio limite. Francesca sa dire di no quando serve. Io faccio molta fatica a pronunciarlo e questo influenza non sempre positivamente il mio procedere.

4a. Se collaborate, come vi confrontate? Quali i vantaggi e quali le difficoltà?

FP
Collaboriamo molto poco, però abbiamo un side project che portiamo avanti assieme da un po’ di anni ormai e che ci permette di sviluppare contenuti con output diversissimi. È una valvola di sfogo per entrambi che rimettiamo in moto quando siamo particolarmente stufi delle dinamiche del nostro mercato: è un modo per essere liberi di raccontare quello che vogliamo come vogliamo.
Di conseguenza tutto il flusso di produzione del contenuto è molto semplice e spontaneo, senza screzi o grandi difficoltà, ma con tanta condivisione e naturalezza.

LAC
La collaborazione non è mai cosa semplice, questo al di là di Francesca e della nostra relazione. La nostra collaborazione spazia su diversi progetti durante l’anno, a volte, in maniera del tutto fortuita e sporadica. Abbiamo definito un confine in un side project che si chiama “A research by” (
https://research-caizzi-pavoni.com/) in cui appunto esplorare la ricerca e il linguaggio. Lo scambio avviene in maniera sempre molto naturale. Cerchiamo di mantenere alto il livello della comunicazione diversamente da quello che avviene nel mercato: non ci prevarichiamo, cerchiamo di non stressare le dinamiche di creazione e di produrre qualcosa di utile, oltre che di bello.

5. Voi due contro il mondo o voi due insieme camminando nel mondo?

FP

Indubbiamente noi due assieme che camminiamo nel mondo. L’importante per noi è trovare un equilibrio in un mondo in continuo cambiamento fra vita personale e vita lavorativa, confrontandoci molto e rispettandoci a vicenda.

LAC

Siamo consapevoli che per vivere nel mondo non possiamo contrastarlo. Siano altrettanto consapevoli di volerlo fare insieme.

6. Lasciate qui una frase per l’altro.

FP
L’isola felice

LAC
Pizza stasera?

Instagram: Francesca & Luca

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VERONICA & MARCO

SPLIT SCREEN, l’intervista doppia a Vero & Marco

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La nuova rubrica e intervista by LDC

Esperimento e raccolta dati di una tesi. Siamo concordi nel dire che per alcune professioni i legami sentimentali, a prescindere dalle compatibilità caratteriali, siano altamente influenzati dal comprendersi nella sfera lavorativa. 

Allora, in occasione del mese di febbraio e la festa dei cioccolatini, abbiamo iniziato un’indagine: abbiamo chiesto a coppie creative come vivono la loro dimensione all’interno della loro quotidianità. Se lavorare insieme sia un plus o se sia l’avere mentalità e professioni affini la carta vincente. E le loro considerazioni anche sulle difficoltà. 

In un mondo sempre più cinico o sempre più strumentale, parliamo di amore, nella sua realtà e semplicità

In questa rubrica nelle prossime edizioni parleremo anche di coppie creative composte da amici (come noi!) e coppie creative di famiglia, fratelli e sorelle.

VERONICA & MARCO

Ospiti della seconda intervista split della nostra nuova rubrica, Veronica Mengoli, regista e Marco Ferrara, montatore.

Si potrebbe pensare che lavorino spessissimo insieme e invece ci rivelano che loro, come coppia creativa, hanno trovato la loro isola felice confrontandosi sui lavori separatamente. Ognuno segue i propri progetti e hanno deciso scientemente che funziona decisamente meglio così. Nonostante abbiano iniziato a muovere dei passi insieme anche in quella direzione, la loro strada procede su ritmi diversi che entrambi rispettano e comprendono. Un lato della creatività, fondamentale, non è forse anche quello di inventarsi i modi migliori per darsi e dare il meglio? La loro differenza, il rispetto degli spazi e dei metodi, è la loro forza.

QUI SOTTO LE STESSE DOMANDE CON LE LORO DIVERSE RISPOSTE.

1. Come descriveresti il tuo lavoro?

VERONICA

Immersivo.

MARCO

Bella domanda! Probabilmente dipende dalla persona che la pone… spesso risulta difficile spiegare in cosa consiste il mio lavoro. Io ne sono perfettamente consapevole, ma riuscire a farlo capire ad altri a volte sembra impossibile. E dire che viviamo un’epoca con un bombardamento audio/video senza precedenti. Comunque, come descrivo il mio lavoro? Mi piace pensare di poter dare un senso alle immagini che ricevo, sia una pubblicità (anche se qui ammetto è più raro), sia un cortometraggio o un documentario.

Il fatto di poter alterare attraverso il montaggio il senso, il messaggio, il significato delle immagini è la cosa che mi ha stregato a suo tempo, quando sono entrato per la prima volta in una sala di montaggio, ed è tutt’ora la cosa che continua ad affascinarmi. Anche se ammetto che con il tempo sono diventato meno naif. Comunque per rispondere alla tua domanda, il mio lavoro consiste nel mettere a disposizione di un regista, una visone altra, diversa, rispetto a quella che il regista stesso aveva immaginato in fase di scrittura e successivamente in fase di ripresa.

Non necessariamente migliore o peggiore, semplicemente una prospettiva diversa da cui guardare le immagini.

P.s. poi per essere sinceri fino in fondo, spesso, più spesso di quanto vorrei, mi riduco ad un semplice esecutore delle volontà altrui. Ma è pur sempre lavoro, e con questo lavoro mi ci pago il mutuo… 😅

2. Come descriveresti il suo lavoro?

VERONICA

Immersivo.

MARCO

Allora, con il lavoro che faccio mi trovo a contatto con diversi registi e ognuno di loro ha le sue peculiarità. Pur essendo tutti, e sottolineo tutti, accomunati dalla stessa caratteristica, ovvero un amore ed una passione incondizionata per il loro lavoro, in tutti i suoi aspetti. Da quelli più noiosi a quelli più entusiasmanti. Non tocca a me dire quali sono… 😉.

Credo che il lavoro del regista, e quindi il lavoro di Veronica, sia di un complicato che io personalmente non sarei in grado di svolgere. Per chi non fa parte di questo ambito, il regista appare come una figura mitica che realizza le sue opere muovendo una bacchetta magica.

La realtà è completamente diversa, è un lavoro spesso frustrante, stancante, a volte privo di entusiasmo, ma a volte arriva il “Progetto” con la P maiuscola, sia questi un progetto personale o un progetto su commissione, e allora c’è una totale abnegazione al lavoro, non ci sono orari, tutte le energie indirizzate verso un unico obiettivo, e cioè realizzare il migliore prodotto possibile. Come descrivere il suo lavoro? Amore e odio, decisamente.

3. E come pensi che descriverebbe il tuo lavoro?

VERONICA

NOIOSO, Marco sul set si annoia da morire! 

MARCO

Scherzando, più di una volta, Veronica ha detto che il mio lavoro non è poi così difficile, e che anche lei sarebbe in grado di farlo. C’è forse una parte di verità se lo stesso Kubrick disse una volta che un regista deve essere anche un montatore, non nella parte esecutiva sicuramente, ma di certo nella parte creativa.

4. Lavorare insieme. In che modo il lavoro dell’altro ti influenza? Se collaborate, come vi confrontate? Quali i vantaggi e quali le difficoltà?

VERONICA

È sempre uno stimolo vedere cosa succede intorno a te, che sia il lavoro del tuo compagno di vita, di un amico, di un collega: conoscere la visione degli altri è fondamentale, d’altronde facciamo comunicazione.

Più che influenzarmi il lavoro di Marco mi mette davanti alla differente percezione di ogni singolo.

Come regista mi innamoro di un’immagine che un montatore snobba perché non trova necessaria e magari recupera da dei “fegatelli” qualcosa dandogli un valore differente.

Abbiamo collaborato più all’inizio delle nostre carriere, ci siamo conosciuti ed aiutati. 

Poi per un equilibrio di coppia la scelta è stata quella di non lavorare più insieme. 

Il nostro tipo di lavoro non rispetta ne spazi ne tempi, quindi la nostra decisione si è rivelata vincente.

MARCO

Quando ci siamo conosciuti, io ero proprio all’inizio del mio percorso lavorativo e in tutta sincerità avevo pochissima esperienza.

Da parte sua Veronica vantava già una lunga esperienza come aiuto regista in ambito pubblicitario. Al tempo stesso aveva già l’urgenza o l’ambizione di passare alla regia e così aveva da parte un po’ di materiali che aspettavano di essere montati.

Erano degli “speculativi” che probabilmente ogni aspirante regista realizza per mettersi alla prova o per mostrare le proprie capacità. Fatto sta che ho montato alcuni di questi video ed il rapporto regista/montatore, per quel che mi ricordo (sono passati davvero tanti anni) è stato sereno; forse anche perché ci eravamo appena conosciuti e come si suol dire avevamo appena iniziato a frequentarci.

Col passare degli anni, siamo diventati una coppia vera e propria, e le occasioni di lavorare insieme non sono mancate, ma il rapporto regista/montatore non era + lo stesso. In quanto coppia ci prendiamo delle confidenze che io ad esempio con un altro regista non mi permetterei mai, e suppongo che valga lo stesso per lei. Quindi ci siamo detti o lavoriamo insieme o stiamo insieme. E abbiamo optato per la seconda.

5. Voi due contro il mondo o voi due insieme camminando nel mondo?

VERONICA

Decisamente noi due insieme camminando per il mondo, ultimamente spingendo una carrozzina gemellare, seguiti dal nostro amato Cody… sopratutto negli impagabili tempi deliziosamente vuoti che il nostro desiderato lavoro ci concede.

MARCO

Noi due insieme camminando nel mondo.

6. Lasciate qui una frase per l’altro.

VERONICA

Butta la pasta, sto tornando dal sopralluogo.

MARCO

“Dopo la tv c'è il cinema, dopo il cinema la radio e dopo c'è la morte"

Diego Lopez (cit.)

Instagram: Vero & Marco

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STELLA & RICCARDO

SPLIT SCREEN, l’intervista doppia a Stella & Riccardo

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La nuova rubrica e intervista by LDC

Esperimento e raccolta dati di una tesi. Siamo concordi nel dire che per alcune professioni i legami sentimentali, a prescindere dalle compatibilità caratteriali, siano altamente influenzati dal comprendersi nella sfera lavorativa. 

Allora, in occasione del mese di febbraio e la festa dei cioccolatini, abbiamo voluto fare un’indagine: abbiamo chiesto a coppie creative come vivono la loro dimensione all’interno della loro quotidianità. Se lavorare insieme sia un plus o se sia l’avere mentalità e professioni affini la carta vincente. E le loro considerazioni anche sulle difficoltà. 

In un mondo sempre più cinico o sempre più strumentale, parliamo di amore, nella sua realtà e semplicità

In questa rubrica nelle prossime edizioni parleremo anche di coppie creative composte da amici (come noi!) e coppie creative di famiglia, fratelli e sorelle.

STELLA & RICCARDO

Ospiti del primo spazio della nuova rubrica sono due creativi decisamente poliedrici. Noi ve li faremo conoscere per le loro attività principali, quindi Francesca Pellegrini aka Stella DiPlastica, performer, e Riccardo La Valle, fotografo. 

Con Stella abbiamo avuto il piacere di collaborare per un set che ci ha fatto passare qualche ora in auto insieme e abbiamo chiacchierato. Lì la curiosità sulle sue scelte artistiche, una trentenne che mette nella sua professionalità ogni centimetro di sé, e la sua realtà affettiva condivisa con Riccardo. Quando si sono conosciuti e hanno iniziato a lavorare al primo progetto, è subito stato chiaro ad entrambi che i loro mondi interiori avessero trovato casa l’uno nell’altro. 

Chi lavora in campi artistici e/o creativi sa quanto sia importante potersi esprimere e sentirsi capito. Stella e Riccardo, attraverso una selezione di scatti con loro come protagonisti, ci raccontano la loro visione. 

QUI SOTTO LE STESSE DOMANDE CON LE LORO DIVERSE RISPOSTE.

1. Come descriveresti il tuo lavoro?

STELLA

Il mio è un lavoro artistico, creativo, che necessita di molta sensibilità, empatia e disciplina ma allo stesso tempo mi permette di esplorare emozioni e situazioni che mi portano a conoscere l’animo umano in tutta la sua moltitudine toccando ogni singola sfumatura dell’essere in divenire.

RICCARDO

Estremamente coinvolgente e ispirato, questo perché non è una tipologia di impiego da cui si stacca dopo 8 ore di lavoro, la fotografia e l'arte sono materie che ti portano ad essere costantemente alla ricerca di nuovi percorsi e ispirazioni in cui immergersi completamente.

2. Come descriveresti il suo lavoro?

STELLA

Il lavoro di Riccardo è complementare al mio, direi quasi che l’uno dipende dall’altro e possono coesistere solo attraverso la curiosità per l’antropologia oltre che una passione smisurata per la bellezza in tutte le sue forme.

RICCARDO

Totalizzante, essere una performer/attrice significa esserlo 24 ore su 24, si tratta di immergersi in nuove prospettive e per farlo serve tempo, esercizio e dedizione, il suo lavoro è così mutevole che l'interesse che suscita è ogni volta diverso in base al personaggio che sta interpretando in quello specifico momento.

3. E come pensi che descriverebbe il tuo lavoro?

STELLA

Lui lo descriverebbe come un lavoro per veri masochisti, che rasentano la follia e che adorano sguazzare nel disagio perché ha visto (e spesso cullato) la mia sofferenza, senza giudicare o limitare questa volontà ma anzi, accettandola con rispetto seppur a volte non comprendendola appieno.

RICCARDO

Uno stile di vita libero, grazie al quale potersi distinguere e creare ogni volta mondi meravigliosi.

4. Lavorare insieme. In che modo il lavoro dell’altro ti influenza? Se collaborate, come vi confrontate? Quali i vantaggi e quali le difficoltà?

STELLA

Ci siamo conosciuti sul set, quindi già dal principio c’è stata affinità per quel che riguarda la visione artistica comune. Ricordo ancora il suo stupore quando scattammo assieme per la prima volta: io sono solita analizzare in anticipo le persone con cui collaboro per riuscire a prepararmi ad hoc ed essere la musa perfetta di ciascun artista ma lui (purtroppo come molti) non era abituato ad avere davanti persone con tale predisposizione e voglia di mettersi in gioco e così “fu amore primo click” .. da quel momento in poi le nostre anime non hanno mai smesso di confrontarsi e di esplorare nuove vie, abbiamo cominciato ad influenzarci senza nemmeno rendercene conto, ad esempio io ho iniziato a scrivere usando la sua forma e lui ha iniziato a cercare la forma oltre i confini del corpo. Viviamo confrontandoci e scontrandoci costantemente.. ciò che nutre l’uno, diviene stimolo per l’altro e così facendo ci siamo fatti da specchio e poi da muro a vicenda, odiandoci fino ad amarci in una maniera così profonda che , paradossalmente, il corpo ha quasi perso il suo valore per quanta forza ha unito le nostre anime.

RICCARDO

Ispirandomi e mostrandomi nuove prospettive su cui riflettere, le sue interpretazioni sono una costante fonte di crescita per me.

Sicuramente a parole, ci confrontiamo molto prima della realizzazione di un progetto per riuscire a massimizzare la sintonia di intenti e la visione di ciò che andremo ad ottenere. Il vantaggio principale è capire veramente il pensiero dell'uno e dell'altra così da poter rendere al meglio, mentre difficoltà reali non ce ne sono perché nel tempo abbiamo capito come venire in contro alle esigenze di entrambi.

5. Voi due contro il mondo o voi due insieme camminando nel mondo?

STELLA

E qui si giunge ad un grande dilemma esistenziale: quale strategia attuare per stare al gioco senza giocare? Si può dire che noi siamo due pecore nere viste in negativo. Se è vero che ad ogni scelta corrisponde una rinuncia, e noi abbiamo scelto di venire al mondo, dobbiamo rinunciare a qualcosa di molto importante e personale per poter progredire e permettere a chi dopo di noi di continuare il disegno evolutivo.

Quindi direi che mano nella mano camminiamo controcorrente ma a marcia indietro. Se scattassero una foto, noi saremmo rivolti con lo sguardo nella stessa direzione in cui guardano tutti gli altri ma è solo un l’illusione.

RICCARDO

Assolutamente noi due insieme camminando nel mondo, dato che da quando stiamo insieme abbiamo iniziando a costruire una visione del mondo e del futuro che ci vede entrambi presenti e protagonisti.

6. Lasciate qui una frase per l’altro.

STELLA

“Amo, cosa mi cucini?”

RICCARDO

“Amo, cosa vuoi per cena?”

Instagram: Stella & Riccardo

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MARIA CABRA

L’intervista a Maria

L’INTERVISTA

(Una rubrica by LDC)

MARIA CABRA, an Italian electric lady in New York

Maria è una professionista delle luci e degli obiettivi. La sua passione per tutto quello che stava dietro la macchina da presa si è poi concentrata nello sviluppo di esperienze che l’hanno portata ad avere ben tre tipi di CV. Da gaffer, a cinematographer a best boy electric. Mansioni che siamo soliti attribuire a preferenze maschili e invece assolutamente interessanti per tutti. Maria ci fa entrare nel suo mondo e ci racconta anche cosa significa per un’italiana partire e costruirsi una carriera oltreoceano. Ci lascia anche un certo alone di mistero e riservatezza.

Una bella storia ed esempio: mai perdere il focus sugli obiettivi.

Signory: Maria.

1. Gaffer, Best Boy Electric, Cinematographer. Hai almeno tre tipi di curriculum diversi, ma tutti centrati sugli OBIETTIVI. Brevemente, descrivici un po’ il tuo lavoro e in quale mansione ti senti più a tuo agio.

Il mio lavoro principale negli ultimi anni si è focalizzato nel reparto delle luci e principalmente nei ruoli di capo elettricista, gaffer o suo assistente, best boy electric.

Direi che oggi mi sento a mio agio nel ruolo di gaffer, capo elettricista, ma mi sono serviti anni di gavetta in altre mansioni per raggiungere il comfort in questa posizione.

Continuo ad assistere capi elettricisti con più esperienza di me, perché c’è sempre da imparare e mi aiuta a migliorare non solo tecnicamente ma anche umanamente. Infatti, il mio ruolo richiede anche di sapere mantenere leadership, gestire chi lavora per me e curare il rapporto con producers e altri capi reparto.

Tra le mansioni di un gaffer ci sono la pre-produzione, in cui si elaborano le idee di esecuzione basandosi su ispirazioni di come si vuole il risultato, ordinare attrezzatura adeguata al tipo di luogo e a quello a cui si tende a raggiungere, assumere chi lavora nella tua squadra, negoziare i pagamenti con la produzione, organizzare il trasporto dell’attrezzatura e gestire la logistica della giornata.

Un altro elemento importante per l’esecuzione del progetto è a mio avviso la positività, mantenere un approccio positivo seppur realistico al progetto aiuta a far sì che tutti nella squadra si sentano coinvolti con un sorriso sulle labbra. Una battuta ogni tanto, un gioco di parole, i complimenti per l’esecuzione di un compito, servono per trascorrere il tempo insieme in modo armonioso e piacevole.

2. Non si può non sorridere nel notare che una delle tue diciture professionali sia “Best Boy Electric”. Com’è fare un lavoro da sempre considerato al maschile per una donna? Ed essere una donna italiana a New York che fa questo lavoro?

La posizione best boy electric include la parola boy ma non indica la discriminazione che a svolgerla possa essere una donna. Non mi sono mai chiesta cosa significa essere una donna, lo sono dal momento che sono nata di sesso femminile. Svolgo anche quel lavoro e nessuno mai mi ha discriminato per il mio sesso. Non ho mai fatto notare che sono una donna, non ho mai preteso un trattamento diverso, mi sono semplicemente adeguata al sistema di lavoro e culturale. Ho saputo dimostrare con fatti di essere qualificata alla posizione, ho conquistato la stima e il rispetto non con dibattiti culturali ma semplicemente lavorando duramente, con passione e rispetto altrui.

Se si va oltre al concetto di essere sessualmente diversi gli uni dagli altri e non ci si sofferma sulle differenze fisiche si può scoprire di essere simili in tanti aspetti.

Certo ci sono persone prevenute, ma cosa c’è di più bello se non dimostrare il contrario di quello che pensano: di superare le aspettative e provare che non è il sesso con cui si è nati a definire la capacità nel lavoro.

Se dico queste cose ora è perché ho saputo abbassare la testa e lavorare secondo le indicazioni date per tanti anni. Il dibattito culturale tra i sessi a volte perde di vista le necessità che ogni ambiente lavorativo implica. Se per montare una luce devi usare scale ripide o maneggiare cavi nello sporco di un determinato luogo bisogna farlo e basta.

Ho dovuto superare me stessa e certe paure che avevo, e questo mi ha permesso anche di migliorarmi come individuo. Bisognerebbe valorizzare la persona e non soffermarsi a giudicare basandosi sul sesso altrimenti si corre il rischio di categorizzare ogni tipo di lavoro come si fa con le categorie olimpioniche.

3. Da Brescia a New York, appunto. Com’è stato il passaggio da una città italiana e così tipicamente strutturata ad un’altra che è il centro di smistamento di mondi, culture e professioni creative?

Sono nativa di Brescia ma ho anche vissuto tanti anni a Milano dove ho frequentato l’università. Da piccola ho viaggiato spesso in Europa in particolare in Inghilterra, Scozia e Irlanda dove ho esercitato la lingua inglese fin dall’adolescenza. Maturare esperienze di diversi paesi mi ha permesso di mantenere una mentalità aperta di fronte le differenze culturali nonché sperimentare flessibilità nell’adattamento.

Una volta a New York, mi sono sentita da subito a casa: il clima di accoglienza che si respira qui non è pari a nessun’altra città rendendo piacevole e interessante le differenze culturali di tutti. Vivere a New York è come incontrare (quasi) tutto il resto del mondo stando a casa: ognuno ha una storia da raccontare, chi è emigrato secoli fa e chi è appena arrivato. Tutti chiedono “where are you from? Where is your accent from?” Certo, è chiaro, non sono nativa di qui, ma poi scopro che anche chi chiede ha una provenienza diversa, che sia uno stato negli Usa o un paese lontano. Il mio accento attira attenzione, ma in senso positivo, suscita curiosità e fornisce una scusa per iniziare la conversazione.

Ciò che mi ha permesso di vivere qui per tanti anni è principalmente la resistenza di fronte ai momenti duri, la perseveranza nelle difficoltà, la fede nel potercela fare e il continuo adattamento a ciò che si presenta intorno a me. La gestione delle emozioni e la capacità di comprenderle e di elaborarle è stato un punto di forza che tutt’ora mi accompagna e mi sostiene ogni giorno. Dopotutto siamo tutti umani, sia che abitiamo a New York, sia in Cina, Giappone o Brasile. Saper trovare i punti in comune aiuta nell’integrazione con le diverse culture, con chi abita qui da secoli o chi è appena arrivato.

4. Che difficoltà hai incontrato e quali invece i vantaggi nel lavorare nelle produzioni cinematografiche e televisive a N.Y.?

Una delle maggiori difficoltà incontrate nel mio lavoro sono state la gestione della leadership e il bilanciamento tra il lavoro e la vita di tutti i giorni. Riconoscere il proprio valore e mantenere un rapporto sereno nelle relazioni di lavoro è stato un momento chiave che mi ha permesso di rispettarmi e rispettare gli altri allo stesso tempo. Dopo anni passati a lavorare per altre persone è stato essenziale per me acquisire la capacità di gestione di situazioni stressanti con un sorriso e senso dell’umorismo.

Lavorando dodici ore al giorno quasi tutti i giorni mi ha spesso portato allo sfinimento. La realizzazione che si può dire di no a certe offerte di lavoro, e usufruire di quei giorni liberi per bilanciare le proprie energie, ha giovato positivamente sulle mie performances future e sul miglioramento di umore e di energia. Dopotutto non siamo macchine ma esseri umani che necessitano anche di riposo e distrazioni.

Il vantaggio maggiore nel mio lavoro è incontrare (quasi) ogni volta persone diverse, vedere e trovarmi in luoghi ai quali in altro modo non avrei avuto accesso e la possibilità di gestire il tempo libero in base alle mie esigenze.

5. Qual è stato il lavoro che ti ha messo più alla prova e quale invece ti ha dato più soddisfazione?

I lavori che mi hanno messo più alla prova sono stati quelli in cui altri dipartimenti mancavano di potere decisionale per carenza di esperienza sovraccaricandomi di responsabilità. Lavorare nel cinema richiede che tutti i capi reparto siano sullo stesso piano in modo da lavorare armoniosamente insieme. Se il tuo capo o il tuo collega non decide negli ambiti che gli competono e pretende che altri decidano per lui, il bilancio dei ruoli viene meno e si crea non solo confusione ma spesso frustrazione e malumore nella squadra che non giovano al raggiungimento del risultato finale.

I lavori che mi hanno dato più soddisfazione sono stati quelli in cui il risultato è stato apprezzato dal regista, dai clienti o semplicemente dal mio capo. Quando la pianificazione del progetto è servita per individuare soluzioni vincenti a una determinata situazione o risultato o quando il team personale di un talent ti complimenta di fronte a tutti.

6. Hai mai pensato di rientrare in Italia?

Non lo escludo un ritorno in Italia, tutto è possibile, ma sono realista, la mia vita e il mio lavoro sono qui oggi. Ho costruito il mio network a New York e negli Stati Uniti per tredici anni, tornare il Italia ora vorrebbe dire ricominciare da capo un’altra volta.

7. Dove ti vedi prossimamente? Quali sogni hai ancora da realizzare?

Credo molto nella realizzazione dei sogni e alla fede che necessitano per essere realizzarli. Per questo li tengo stretti a me e sono dei segreti che custodisco gelosamente. Sicuramente porteranno miglioramento alla mia posizione e non vedo l’ora di rivelarli con i fatti. Posso solo dire che mi sto allenando intensamente e migliorando il mio stato di salute sia fisica che mentale.

Sarà un lavoro intenso, ma non vedo l’ora di rivelarlo mostrando i risultati.

8. Se potessi lasciare un messaggio nella box del tempo multidimensionale, cosa scriveresti? A chi lo indirizzeresti?

Lascerei un messaggio per tutti quelli che non si sono mai sforzati di capirmi, chi mi ha giudicato per come ero, come vestivo, come mi comportavo, direi a loro che era mio compito risolvermi e che ho trovato la chiave per il mio successo personale e professionale e che le malelingue si ricrederanno vedendomi risolta.

9. Hai altro da aggiungere?


Sono molto grata per i miei genitori che mi hanno sempre sostenuto e a tutti coloro che hanno creduto in me ed aiutato nel corso degli anni.

Instagram: @MARIACABRA

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MARLEN PIZZO

5 Domande a UFO a Marlen

Le 5 Domande a UFO

(Una rubrica by LDC)

Tracce di altri mondi di Marlen Pizzo

Di lei si può dire che sia colorata, come solo un prisma può esserlo. Non stiamo parlando dei suoi capelli camaleontici, ma della sua strada artistica e creativa che ha come centro di tutto la voce. Sì, perché Marlen lavora con la sua voce da anni e ha basato quasi tutti i suoi progetti sulla bellezza di quei toni bassi, accoglienti, come l’amica che chiami per sentirti sempre a casa. La potete ascoltare tutti i giorni come speaker su M2O, la potete apprezzare in diversi spot pubblicitari, come potete scoprire le sue passioni dai contenuti social che crea, mai banali e sempre sul pezzo. Con il fratello si è inventata anche il progetto “I viaggi del dado”, una soluzione per scoprire il mondo lasciando che sia il caso, anzi il dado, a stabilire meta, inversioni, direzioni. Allora, siete pronti? Alea iacta est.

Signory: Marlen.

1. Ti trovi sul pianeta MinkiaMinkia 42tris.
La prima creatura che vedi è un piccolo essere Grigino che ti osserva in modo benevolo.
Al collo ha appeso un inequivocabile cartello: ufficio di collocamento.

Come descriveresti il tuo lavoro a un alieno? 

 Ciao piccolo abitante di MinkiaMinkia! Quando vivevo sulla Terra diffondevo ogni sera pace, amore e sound attraverso uno strumento potentissimo che noi terrestri chiamiamo "radio" in grado di far arrivare il mio messaggio a tutto il pianeta. A noi terrestri piace spostarci da un punto all'altro dentro scatole di metallo con un motore che chiamiamo auto e di solito quando ci spostiamo in auto accendiamo lo strumento potentissimo "radio". Quando siamo tristi teniamo la radio a volume alto e la musica ci fa sentire meglio.

Spesso con la scatola di metallo motorizzata me ne andavo in giro per il pianeta a scoprire luoghi insoliti per poi raccontarlo e continuare a diffondere il mio messaggio. C'è un posto qui dove io possa continuare a raccontare storie?

2. Mettiamo che Nolan riesca a girare una versione di Interstellar interattiva e con te come protagonista.
Hai l’occasione di incontrare te stesso/a in più dimensioni spazio-temporali e darti dei consigli. Cosa raccomanderesti al te stesso/a del passato?

E cosa vorresti sapere dal te stesso/a del futuro?

Ciao Marlen del passato. La perfezione non esiste, quindi basta con tutte queste pippe mentali. Fai di più, senza paura e pensa mooooolto di meno. Fai anche le cose che pensi di non saper fare perchè, indovina? le sai fare! Per il resto fai tutto quello che so farai. Le cazzate sono fondamentali. Nel futuro le ringrazierai.

Ciao Marlen del futuro, non ti guardo perchè non voglio rovinarmi la sorpresa su quale colore di capelli avrò. Non ti chiedo nulla perchè odio gli spoiler sul finale. Mi basta sapere che sei ancora lì nel futuro.

3. Sliding Doors.
Anche tu come Gwyneth Paltrow hai trovato davanti a te due porte su due vite diverse e possibili? Ci sono stati cambi di rotta nel tuo percorso e, se sì, ce ne parli un po’?

Ho fatto millemila cambi di rotta nella mia vita. Il primo, il più grande, è stato quello che mi ha portata a prendermi una lunga pausa dal mestiere di attrice e dal teatro in generale. È stato tosto perchè dall'età di 14 anni ero convinta che avrei fatto questo per sempre. A 32 ho scoperto che non era vero e ho dovuto fermarmi e cambiare direzione. Lì è arrivata la radio che mi ha costretta a trasferirmi da Torino a Roma in 5 giorni per non sprecare un'occasione. E poi c'è tutto il resto, ma il primo cambio non si scorda mai ;)

4. A Luigi Tenco è stato chiesto il perché scrivesse solo cose tristi.
La sua risposta fu esemplare: “perché quando sono felice, esco”.

Tu invece da cosa vieni influenzato/a nel tuo processo creativo/lavorativo?

Vorrei sfatare il mito dell'artista che crea solo quando soffre o solo quando è ispirato. Se si deve creare per lavoro bisogna sapersi autotrasportare nel giusto flow, quello stato mentale/condizione perfetta in cui il mondo fuori sparisce e arrivano le idee.

Le mie idee arrivano di notte. Scrivo. È un buon modo per lasciare che la creatività si metta in moto.

Però Tenco era un genio e quella frase vorrei averla detta io. Un fondo di verità lo ha...

5. Ti mettono al comando dell’Enterprise di Star Trek.
Qual è la tua direzione in questo momento? Quale il prossimo pianeta da esplorare?

Un giretto nello spazio me lo farei volentieri, ma poi chiederei all'equipaggio di riadattarsi per viaggi terrestri e di abituarsi alla presenza di un gigantesco dado che, grazie al caso ;) sceglie per noi la destinazione. Ci sono troppe cose che voglio vedere qui. Con l'Enterprise sicuramente ci metterei meno tempo.

MARLEN PIZZO sulla Terra

Instagram: @MARLENPIZZO

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RAFFAELE IANNELLO (RAFZ)

5 Domande a UFO a Rafz

Le 5 Domande a UFO

(Una rubrica by LDC)

Tracce di altri mondi di Raffaele Iannello

Designer, sperimentatore, visionario, Rafz come nome terreno, nei primi passi nell’universo digitale. Il pianeta del design è quello su cui è atterrato, diventando noto per aver lanciato un iconico totem a uso e consumo dei terrestri: Voodoo/The Ex, il ceppo porta coltelli che suggerisce una sublimazione ironica e poco metaforica di quelle emozioni così umane e comuni. Il suo viaggio cosmico non si ferma qui, ma negli anni approda a consolidarsi come realtà strutturata in comunicazione visiva e design del prodotto. Sono previsti diversi lanci di nuovi oggetti nella sfera della creatività.

3, 2, 1, let’s go. Signory: Rafz.

1. Ti trovi sul pianeta MinkiaMinkia 42tris.
La prima creatura che vedi è un piccolo essere Grigino che ti osserva in modo benevolo.
Al collo ha appeso un inequivocabile cartello: ufficio di collocamento.

Come descriveresti il tuo lavoro a un alieno? 

Quando ero sul mio pianeta progettavo (e molto spesso, quando le congiunzioni astrali me lo permettevano, realizzavo anche) manufatti che gli esseri della mia specie utilizzavano per svolgere determinate azioni in un modo nuovo, possibilmente più pratico, sostenibile e appagante. Oppure opere artistiche che venivano fruite con stupore, gioia e godimento attraverso i vari sensi di cui gli umani sono dotati.

Adesso che sono su questo nuovo pianeta non vedo l’ora di scoprire le vostre tecnologie ed usarle per soddisfare le esigenze e i desideri latenti di voi aitanti Grigini. Ma, prima di andare avanti, dobbiamo parlare di budget… scusatemi, ma sulla Terra ho avuto troppe brutte esperienze in tal senso!

2. Mettiamo che Nolan riesca a girare una versione di Interstellar interattiva e con te come protagonista.
Hai l’occasione di incontrare te stesso/a in più dimensioni spazio-temporali e darti dei consigli. Cosa raccomanderesti al te stesso/a del passato?

E cosa vorresti sapere dal te stesso/a del futuro?

Al me stesso bambino consiglierei di passare più tempo possibile con persone straniere, per assorbire e fare propri i suoni delle loro lingue. Lo implorerei anche di fare più sport e di studiare maggiormente certe materie che ai tempi pensavo non mi sarebbero mai servite. Invece tutto serve!

A quello del 2008 direi: “Anche se adesso non sai neanche cosa sono, cerca di comprare più Bitcoin che puoi. Fidati!”.

Dal me stesso del futuro invece vorrei conoscere i dettagli di scoperte tecnico-scientifiche del suo tempo, in modo da poterle brevettare anticipatamente. E già che ci sono mi farei anche canticchiare i successi musicali del periodo da cui viene… cosicché quando ritornerà nel futuro scoprirà che quelli sono ormai considerati dei classici :D

3. Sliding Doors.
Anche tu come Gwyneth Paltrow hai trovato davanti a te due porte su due vite diverse e possibili? Ci sono stati cambi di rotta nel tuo percorso e, se sì, ce ne parli un po’?

Vere e proprie sliding doors non credo mi siano mai capitate. O, se ci sono state, non me ne sono mai accorto.
Qualche volta, però, mi è capitato di essere stato davanti a dei bivi che avrebbero potuto indirizzare la mia carriera e la mia vita in una direzione totalmente diversa. Ad esempio quando mi hanno proposto di lavorare in esclusiva per una grossa agenzia o, un’altra volta, come dipendente per una famosa azienda. Entrambe le volte ho rifiutato perché non volevo perdere la mia libertà di poter scegliere i progetti e i clienti con cui lavorare. Non nego che in certi momenti non mi sia pentito di quelle scelte... ma col senno di poi le rifarei identiche ancora adesso.
 
Fin da quando ho scelto cosa volessi fare da grande ho sempre avuto un obiettivo, ovvero affermarmi come designer e come artista senza dover scendere a (troppi) compromessi. Il percorso che ho seguito finora e che sto ancora seguendo per arrivarci è ovviamente non lineare, cambia continuamente per adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente e delle condizioni del momento. Ma il punto di arrivo resta sempre quello.

4. A Luigi Tenco è stato chiesto il perché scrivesse solo cose tristi.
La sua risposta fu esemplare: “perché quando sono felice, esco”.

Tu invece da cosa vieni influenzato/a nel tuo processo creativo/lavorativo?

Potrei dire che la curiosità è il motore principale di ciò che faccio. Andare in giro, fisicamente col mio corpo oppure sul web, a scoprire cose o a interagire con altre persone (o anche con intelligenze artificiali, ultimamente) è ciò che alimenta la mia creatività e le dà gli stimoli necessari affinché la mia ricerca e la mia sperimentazione artistica possano spingersi sempre più in là.

La creatività va alimentata, in un modo o nell’altro. Qualsiasi cosa va bene per innescare il processo, ma senza stimoli esterni e con l’immobilismo tutto si spegne.

5. Ti mettono al comando dell’Enterprise di Star Trek.
Qual è la tua direzione in questo momento? Quale il prossimo pianeta da esplorare?

Ho un indole multitasking. Siccome tendo ad annoiarmi facilmente, devo per forza fare più cose contemporaneamente. O quanto meno pianificarle. Ovviamente cerco di farne bene una per volta, dedicandomi totalmente a quella per un periodo, prima di passare alla successiva.

Quindi la mia rotta attuale sarebbe quella di consolidare il mio brand di prodotti di design. Il prossimo pianeta da colonizzare (perché varie incursioni esplorative in realtà negli anni ci sono già state) è quello delle installazioni artistiche. Ovviamente, essendo sull’Enterprise, poi userei il teletrasporto per stare un po’ qui e un po’ lì.

RAFZ sulla Terra

sito: https://www.rafz.com

Instagram: @RAFZ

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ALFI

5 Domande a UFO ad Alfi

Le 5 Domande a UFO

(Una rubrica by LDC)

Un viaggio astrale e reale nella dimensione terrena di Alfi

Illustratore, pittore, a volte scultore, la sua è una rinascita espressiva dopo una seconda chance sul Pianeta Terra, Alfi riversa nei suoi mostri colorati e nelle sue tecniche artistiche tutte le sue emozioni e la sua storia. 

Da come ha ripreso in mano i pennelli, a come utilizza le aree urbane, i simboli di una città e di luoghi particolari per veicolare la sua visione e interrompere per un attimo lo sguardo di chi si posa su una sua creatura, incuriosito. 

Per Aspera Ad Astra. Signory: Alfi. 

1. Ti trovi sul pianeta MinkiaMinkia 42tris.
La prima creatura che vedi è un piccolo essere Grigino che ti osserva in modo benevolo.
Al collo ha appeso un inequivocabile cartello: ufficio di collocamento.

Come descriveresti il tuo lavoro a un alieno? 

Ciao UFO, io vengo dal Pianeta Terra e lì cerco di raccontare con la mia arte, cioè dipingendo quello che vivo ogni giorno, ricordi di vita, sensazioni belle e brutte che provo da quando sono nato.

2. Mettiamo che Nolan riesca a girare una versione di Interstellar interattiva e con te come protagonista.
Hai l’occasione di incontrare te stesso/a in più dimensioni spazio-temporali e darti dei consigli. Cosa raccomanderesti al te stesso/a del passato?

E cosa vorresti sapere dal te stesso/a del futuro?

Raccomanderei a me stesso di continuare a seminare come ho sempre fatto, di faticare, di battere il ferro e non mollare mai, arriveranno e sono arrivati segnali positivi e andranno coltivati e lo sono già. Credi nelle tue capacità e racconta sempre il vero, mai il falso.

3. Sliding Doors.
Anche tu come Gwyneth Paltrow hai trovato davanti a te due porte su due vite diverse e possibili? Ci sono stati cambi di rotta nel tuo percorso e, se sì, ce ne parli un po’?

Nella mia vita c’è stato un unico momento, la svolta.. la riscoperta dovuta al Cancro e se prima ero un pazzo con la testa non totalmente sulle spalle successivamente al problema era solo uno l’obiettivo, raccontarmi e raccontare la mia visione della vita e del Mondo in cui vivo.

4. A Luigi Tenco è stato chiesto il perché scrivesse solo cose tristi.
La sua risposta fu esemplare: “perché quando sono felice, esco”.

Tu invece da cosa vieni influenzato/a nel tuo processo creativo/lavorativo?

Nel mio percorso creativo vengo, come dicevo prima influenzato da rapporti, da dolori, da gioie, da traguardi, da incidenti, dalla guerra, dalla malattia, dalla disgrazia, dal trionfo, dalle piccole cose e dall’amore.

5. Ti mettono al comando dell’Enterprise di Star Trek.
Qual è la tua direzione in questo momento? Quale il prossimo pianeta da esplorare?

Salito sull’astronave metto il teletrasporto per la Spagna ma poi per il Mondo intero, dove ancora devo scoprire cose e persone che mi daranno altro boost per continuare il mio racconto su tela.

Alfi sulla Terra

Sito: https://alfi.gallery/

Instagram: @alfi._____

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SENIO ZAPRUDER + MARLYN

L’intervista a Senio e Marlyn

L’INTERVISTA

(Una rubrica by LDC)

ZOMBIE E IL PROGETTO MARLYN

Senio Zapruder, apprezzato regista nel contesto fashion&beauty, è molto di più: un artista eclettico dell’arte visiva.

Scambiamo qualche parola con lui in una fase creativa particolare, che coincide con il lancio e presentazione di un nuovo ambizioso progetto e questa volta nell’ambito musicale. “Zombie” è il primo singolo e anche il primo videoclip con Marlyn, voce e musa dell’omonimo progetto.
Co-produttore musicale ed Executive per tutti i materiali video, Senio dimostra di essere coerente con la sua visione.

Anche Marlyn, la protagonista di questo progetto dai toni “dark”, ci lascia un messaggio. “Zombie” è un modo per esprimere non solo la sua vena POP, ma soprattutto per mettere in parole le sue emozioni profonde.

Oltre l’estetica molto potente, c’è sempre una dose di vulnerabilità: il pop come “terapia”, liberazione e guarigione.

LA PAROLA A SENIO

1. Chi ti segue sa che sei sempre in giro per il mondo. Ora dove ti trovi?

(Ridendo) Al momento sono tra Berlino e Milano.

Ho ripreso esattamente 50-50 tra le due città perché in qualche modo, quando mi divido tra loro, il mio cervello trova uno strano equilibrio.

2. Il tuo stile, o meglio, la tua visone artistica è influenzata da questo melting pot popolato da diverse “entità”, i tuoi viaggi ma anche i tuoi riferimenti culturali come influenzano il tuo atto creativo?

Ho sempre avuto una strana ossessione con le varie identità delle città. Mi è sempre sembrato come se in ogni città vivessero due diverse realtà e identità, quella sopra e quella sotto - la buona e la cattiva - anche se la cattiva è sempre la più divertente ovviamente!

Ripensandoci: vedo sempre due identità distinte in ogni cosa e situazione ed è quello che ogni volta porto nel mio lavoro. Diciamo quindi che avete colpito nel segno!

3. Chi è stato il primo ad accendere la tua fiamma della creatività? Da bambino cosa catturava la tua attenzione? Britney Spears e Marilyn Manson erano già parte della tua società immaginaria?

Definitivamente MTV in generale è stata la mia scuola. Nello specifico però sì, quando ho visto e sentito Marilyn Manson per la prima volta ho finalmente trovato la voce che avevo sempre cercato e mai creduto esistesse. In un aspetto più pratico artistico, però, devo dire che, essendo nato e cresciuto in una città come Siena vivi costantemente in questa cornice medioevale e di arte che mi ha definitivamente condizionato. Soprattuto al liceo artistico quando ho scoperto Leonardo e Michelangelo mi si è aperto un mondo, e subito dopo con David Lachapelle ho capito che era la mia strada.

4. Dobbiamo fare una premessa, tu nasci come regista. Parlaci di questi anni intrepidi in cui ti sei creato un portfolio di tutto rispetto sia nella cosmetica sia nel mondo fashion.

C’è da dire che sono sempre stato molto fortunato nell’aver capito qual era il mio obiettivo e la mia visione. Tutto il resto è venuto di conseguenza.

Ma oltre all’arte sono anche molto tecnico, mi piace mettere mano nell’equipment, nel montaggio e nelle luci, questo ha aiutato molto nel combinare idee creative agli aspetti più pratici.

Il beauty è la mia vita! Sarà che senza close up per me non si può chiamare un video, un video!

5. È palese come nella tua biografia la musica sia sempre stata un tassello fondamentale, qual è stato il click che ti ha fatto approdare alla produzione musicale?

La musica è sempre stata tutto per me.

Soprattuto il POP ma sono fan di quasi tutti i generi. Passo dall’ hardcore/hard rock al teen pop. Mi affascina quando un artista riesce a catturarti con i testi e la sua immagine. Soprattuto penso che interpretare una canzone e un personaggio di fantasia ti porti su un pianeta di self confidence che altrove non saprei trovare.

Diciamo che è il mondo dove non ho paura di nulla, più di altri.

E poi mi sembra la challenge perfetta: riuscire a creare qualcosa di spessore ma POP! Trovo la combinazione dei due mondi così magica.

6. Parlaci del progetto Marlyn. I retroscena e le visioni che ti hanno spinto a intraprendere questa strada.

Marlyn è capitata in un momento della mia vita e carriera dove era abbastanza frustrato. Ero entrato in una routine lavorativa che mi ha portato a chiedermi: ma ti diverti ancora?

E insieme a Dimitri (il producer musicale di Marlyn) e mio caro amico, diciamo che ho avuto la possibilità di mettere in scena tutti i miei sogni: creare un progetto pop, dark con testi che parlano di amori finiti e diavoli e demoni che ti porti dentro!

7. Ma parliamo dei videoclip che hai prodotto e che hai diretto. È interessante come in questa epoca digitale ed effimera la tua attenzione si sia rivolta all’utilizzo della pellicola e di effetti grafici che nascono dalla stampa cartacea di frame del girato. Come mai questo ritorno all’analogico?

Oddio, proprio per il fatto che con Marlyn ho deciso di tornare alle origini, a quello che mi rende soddisfatto artisticamente e mi rende felice visivamente! Ho sempre dipinto e disegnato e usato le mani per fare sculture e tavole grafiche.

Mi sono detto: “ma perché non comunichi tutto questo? Chissenefrega se uno è un supporto immobile e l’altro in movimento. UNISCILI in un unico grande casino!”

Perché è quello che in realtà mi caratterizza, faccio sempre un mix di casini che poi in qualche modo trovano armonia. E sono sempre stato dell’opinione che mischiare vari supporti è la chiave per un ottimo output artistico.

MARLYN, THE DARK MUSE, HAS KINDLY LEFT US SOME WORDS TOO.

LET’S READ THEM!

We think the role of Dark Pop “Diva” fits you like a glove. What was it like making this album? Tell us a bit about the development and changes of direction if there were any.

Making this album has been very organic. I met one of the producers of the album, Dimitri Tenot, outside a disco party in Madrid. I had been working on some songs on my own, and so had he with songwriter/producer Ryro. We met over coffee once and worked remotely for the next few months, only physically reuniting in the spring to film the music video for “Zombie”.

We were all basically aiming for the same thing as lifelong pop music lovers.

I was just getting back into music after a difficult relationship and they 100% supported using the album not only as our “techno-pop thesis” but also as a sort of therapy for me. I am so thankful that they made space for that. In a genre that is known for artifice, everything was genuine and real even if the sonic and aesthetic results are sort of fantastical.

We pieced together and created 7 tracks that told the story of my 2022.

Senio came into the picture when the lead single “Zombie” was just a demo, which kickstarted the visual journey. He can tell you more about that.

YES, HE DID ;) THANK YOU GUYS AND GOOD LUCK FOR THE PROJECT JOURNEY!

Sito: www.seniozapruder.com/

Instagram: @senio

Instagram: @marlyn

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DANIELA CATELLI

5 Domande a UFO a Daniela

Le 5 Domande a UFO

(Una rubrica by LDC)

Le esplorazioni sul pianeta fatto di parole e cinema di Daniela Catelli

Saggista traduttrice e critico cinematografico, si nutre di suspense e misteri. La troviamo a prendere appunti e regalarci libri che del Pianeta Terra descrivono l’alimentarsi delle paure e la sua relativa ricerca di esorcizzarle. 

Autrice di “Ciak si trema. Guida al cinema horror”, “Friedkin. Il brivido dell'ambiguità”, “L’esorcista 25 anni dopo”, la Catelli è sicuramente una vorace consumatrice di letteratura, cinema e serie tv di ogni genere, dei quali è stata spesso anche autrice. Il suo mondo è un viaggio che percorre per lungo e il largo i meridiani del thriller e del noir su più mezzi e diverse velocità. 

Don’t fear the reaper. Signory: Daniela Catelli. 

1. Ti trovi sul pianeta MinkiaMinkia 42tris.
La prima creatura che vedi è un piccolo essere Grigino che ti osserva in modo benevolo.
Al collo ha appeso un inequivocabile cartello: ufficio di collocamento.

Come descriveresti il tuo lavoro a un alieno? 

In realtà mi capita spesso di descrivere il mio lavoro a un alieno… terrestre, anche ser ultimamente mi sembra che ci siano sempre più difficoltà di comunicazione. Insomma, potrei dire al responsabile dell’ufficio di collocamento del pianeta Minkiaminkia42, che cerco di vedere i film e di far capire alle persone quello che non è così evidente a prima vista (a proposito, ma sti alieni lo sanno cos’è un film? Do per scontato di sì), senza imporre il mio punto di vista e senza offendere o sminuire nessuno, ma ricorrendo agli strumenti che l’esperienza, la conoscenza e 50 anni e passa di visioni e studi mi hanno dato. E spiegando, sempre, i motivi del mio entusiasmo o della mia disapprovazione. Ora che me l’avete fatto scrivere, sono certa che una professione come la mia in una civiltà avanzata sarebbe considerata alla stregua di un passatempo non degno di retribuzione e probabilmente verrei rottamata. Ma in fondo non è così anche nella nostra arretrata società terrestre?

2. Mettiamo che Nolan riesca a girare una versione di Interstellar interattiva e con te come protagonista.
Hai l’occasione di incontrare te stesso/a in più dimensioni spazio-temporali e darti dei consigli. Cosa raccomanderesti al te stesso/a del passato?

E cosa vorresti sapere dal te stesso/a del futuro?

Se succedesse proprio come in un film di Christopher Nolan, probabilmente non ci capirei niente e mi perderei nella trama (okay, non sono un’amante del suo cinema, confesso), ma se incontrassi la me stessa del passato le direi “Andrà tutto al contrario di come speri e immagini, quindi preparati, non dare fiducia e amore a chi non se lo merita e conserva un po’ di entusiasmo per i momenti bui. E magari, anche se è contrario alla tua natura di cicala, cerca di essere un poì più formica”. Sulla me stessa del futuro preferisco non sapere niente, almeno riesco a conservare qualche illusione, visto che a volte un po’ di ottimismo riaffiora, quindi chissà, magari in sogno e senza l’aiuto di Nolan ho dato qualche buon consiglio alla me stessa del passato.

3. Sliding Doors.
Anche tu come Gwyneth Paltrow hai trovato davanti a te due porte su due vite diverse e possibili? Ci sono stati cambi di rotta nel tuo percorso e, se sì, ce ne parli un po’?

Come si dice a Roma, “avoja!”. Diciamo che la mia situazione attuale è dovuta proprio all’aver imboccato una sliding door (sbagliata? chissà) quando mi si sono aperte davanti due opportunità – una porta conosciuta ed eccitante e una totalmente nuova e promettente 24 anni fa. Quasi contemporaneamente, proprio a distanza di pochi giorni. Messa di fronte a due offerte di lavoro ho scelto quello nuovo, anche se quello vecchio mi piaceva moltissimo e mi aveva permesso di entrare in contatto con gente straordinaria. Parlo dell’esperienza nei festival di cinema, sacrificata alla voglia di creare una tv interamente dedicata al cinema. Rimpiango sicuramente la libertà e la gioia che non ho più provato, ma del resto la vita è così, e proprio perché non abbiamo la possibilità di conoscere il futuro e le conseguenze delle nostre scelta, a volte ci buttiamo con incoscienza verso il nuovo, ed è sempre bello... finché dura.

4. A Luigi Tenco è stato chiesto il perché scrivesse solo cose tristi.
La sua risposta fu esemplare: “perché quando sono felice, esco”.

Tu invece da cosa vieni influenzato/a nel tuo processo creativo/lavorativo?

La frase del grande Tenco è bellissima, ma purtroppo sappiamo come è andata a finire. In realtà a influenzarmi è sempre la passione per il lavoro che ho scelto e che continuo a fare tra mille difficoltà e la curiosità continua di vedere di più, leggere di più, conoscere di più. Solo che rispetto a un tempo, quando intorno a me c’erano molte più persone come me, adesso il pressappochismo e l’arroganza dominano anche nel mio settore e a volte mi fanno pensare che forse avrei dovuto avere un piano B, che non ho mai voluto, perché convinta di realizzarmi solo nella scrittura. Ma se oggi qualcuno mi chiedesse di scrivere un altro libro, prima di dire di sì chiederei perché.

5. Ti mettono al comando dell’Enterprise di Star Trek.
Qual è la tua direzione in questo momento? Quale il prossimo pianeta da esplorare?

Mi rendo conto di avere dato risposte seriose, quando in genere ho sempre amato e usato l’arma dell’ironia e della leggerezza, ma diciamo che è un periodo in cui c’è ben poco da ridere e mi ritrovo dopo oltre 30 anni di onorata carriera, come si diceva un tempo, di nuovo ai nastri di partenza, anzi, perfino un po’ più indietro. Ma se non amo Nolan, con Star Trek sono cresciuta e ho condiviso a lungo la visione utopistica, aperta e pacifista del suo creatore, Gene Roddenberry, trovandomi purtroppo a vivere in un mondo colonizzato dai Romulani e schiavizzato dai Klingon. Ecco, visto che questi purtroppo li ho incontrati e li vedo tuttora in giro, mi dirigerei verso nuovi mondi in cerca di un posto più giusto e meritocratico, anche se purtroppo al momento il mio signor Chekov interiore non riesce a tracciare la rotta giusta. Per quanto mi riguarda, per citare chi ne sapeva più di me, il mio brillante avvenire è ormai dietro le spalle e sarà quel che sarà (la prima citazione se amate il cinema l’avrete capita, la seconda scegliete voi tra Doris Day e i Ricchi e Poveri).

Daniela Catelli sulla Terra

Instagram: @dani_catelli_rm

Le recensioni: https://www.comingsoon.it/autori/daniela-catelli/

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